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MUSICA / PERSONAGGI: Salvatore Moltisanti / Ibla e il suo pianista
(di Letizia Airos)

Ibla - un quartiere di Ragusa ricco di suggestioni e di storia - seduce da secoli con il suo fascino medioevale ed i raffinati palazzi barocchi. Ma da tredici anni, questo angolo magico di Sicilia, si lascia a sua volta sedurre: è infatti sede di un importante concorso musicale organizzato dalla ''IBLA Foundation''.

Agli albori di questo evento c’è una tesi di laurea: ''Modello alternativo di competizione pianistica''. Si, la tesi di un musicista siciliano che va a studiare all’Università della North Carolina nei primi anni ‘90: ''Una delle cose che io ho subito notato come italiano era una classe specifica su come gestire realtà legate alla nostra carriera. Un carrier seminar, su come entrare nel business e confrontarci. Ero li con una borsa di studio vinta in Italia ma ho colto subito una grande differenza con il sistema del mio paese.'' Salvatore Moltisanti – quarantaduenne fondatore del concorso - comincia a raccontare così, sotto il sole primaverile del giardino della Casa Italiana Zerilli Marimò, se stesso e la sua creatura: ''IBLA che, quest’estate, raggiungerà la quattordicesima edizione''.

Il pianista ricorda: ''Ormai ero già arrivato primo in diversi concorsi. Ogni volta mi accorgevo che questo, oltre alla crescita di autostima, mi stava aprendo anche grandi possibilitá. Era importantissimo esprimermi davanti ad un pubblico di qualità. Dovevo concentrarmi e dare il meglio. Crescevo professionalmente. Con IBLA ho voluto strutturare opportunità di crescita anche per altri e l’ho capito grazie anche al lavoro per la mia tesi'' .

Parla con entusiasmo e descrive cosa si prova per un concorso: la preparazione, l’attesa, la tensione. La sua esperienza personale diventa un tutt’uno con il racconto di IBLA. ''Provano se stessi, cantano in piazza Pola prima che in sala. Li ascoltano i turisti, i siciliani, poi i loro famigliari, gli insegnanti, i colleghi.... si crea un pubblico ideale come quello della Carnegie Hall...''

Ci tiene a dirlo subito, il concorso IBLA è veramente internazionale. Raccoglie partecipazioni da ogni paese del mondo. Ma ci sono anche altre caratteristiche salienti: ''I concorsi negli anni ‘90 rispondevano a delle direttive molto rigide. Io ho lasciato il programma libero. Il musicista può scegliere. Quest’anno ho avuto l’orgoglio di apprendere, ad Oslo, che cambiamenti in questo senso nei programmi internazionali si devono ad IBLA.'' In un ambiente di grande concorrenza, secondo Salvatore Moltisanti, occorre dare la possibilità anche ai giovani di utilizzare identità specifiche. È palese l’orgoglio quando dice: ''Il mondo è pieno di concorsi. Alcuni vengono fatti dagli allievi dei membri della giuria. Molti chiudono perché offrono poco e non hanno adesioni. IBLA è diverso nelle opportunità e per questo è pieno di domande.''

Ma un’altra caratteristica di IBLA è importante: l’età è libera: ''Concede la possibilità di esprimesi a molti, soprattutto alle donne. Alcune hanno avuto l’occasione di suonare dopo un lungo periodo dedicato alla maternità per esempio ...''

Perchè è venuto in America Salvatore Moltisanti?

''Dopo il liceo in Sicilia ho studiato a Roma al Conservatorio di Santa Cecilia. Il mio passaggio naturale sembrava Parigi. Vinsi una borsa di studio per gli Usa che sembrava marginale ma decisi di venire a vedere. Ricordo una certa resistenza nell’ambiente italiano che frequentavo. C’era un po’ di prevenzione e ho portato con me anche questa diffidenza. Ma arrivato qui ho capito l’importanza di questa opportunità, non solo per la carriera ma anche da un punto di vista musicale. La molteplicità degli stimoli era fondamentale, non poteva essere lo stesso a Roma a Parigi, a Milano. Ho avuto delle illuminazioni di lettura musicale mai provate. Quello che c’è qui non c’è in Europa, non è meglio non è peggio, è diverso.''

E racconta come è riuscito, piano piano, a creare la rete che lo ha portato ad organizzare IBLA: ''I concerti sono seguiti da eventi sociali. Alla fine si restava amici ed intanto nasceva IBLA. Non c’erano fondi... ma quello che volevano fare tutti erano i concerti. Il denaro in un certo senso era secondario. Allora ho creato un network con i miei colleghi, piano piano li ho convinti a collaborare. In quegli anni apriva anche la Casa Italiana Zerilli-Marimò. Mi sono avvicinato a questa istituzione come ad altre. Con altri sono inceppato in burocrazie indicibili, con la Casa della NYU no. Il progetto è stato accolto con entusiasmo ed è cominciato tutto semplicemente. La baronessa Zerilli-Marimò è diventata ‘Chairwoman’ della Fondazione''

È una fondazione, nessuno viene pagato. I fondi vengono spesi per il concorso ed i concerti. I vincitori hanno la possibilità di esibirsi in giro per il mondo in sedi prestigiose: ''Piano piano poi molti si sono appassionati all’idea e sono nate delle chapter per esempio in Canada, in Giappone, ad Oslo, a Mosca, a Parigi, New Castle... Little Rock... ''

Cosa ha voluto dire essere siciliano/italiano nell’evolversi del progetto IBLA?

''C’era spesso un sospetto dietro: è una catena di immigrati che lo fa lavorare? Erano gli anni di Falcone e Borsellino quando partiva IBLA... Tempi difficili. Molti cercavano la mafia dietro le mie iniziative.... Invitavo in Sicilia e avevano paura. Dovevo rassicurare che venire a Ragusa non voleva dire morire. Mi dicevano: vogliamo sostenere IBLA ma la nostra azienda perde in immagine con la Sicilia. Ho sperimentato sulla mia pelle in pieno la negatività di essere italiano. Il nostro prestigio è storico. L’Italia del Rinascimento non c’è più e lo straniero non guarda in termini storici. Non si può dire che negli scorsi anni da un punto di vista musicale sia esistita un’Italia molto incisiva a livello internazionale. Il più grande italiano è indiscutibilmente Abbado, poi c’è Muti ma non possiamo considerarlo internazionale, non possiamo concludere certo che La Scala rappresenti la migliore italianitá con gli scandali di questi ultimi sei mesi .''

E allora come si fa ad essere credibili?
''Contatto personale, tempo, pazienza, non chiedere mai niente e lasciare che il progetto cresca da solo. Conoscere e farsi conoscere. Lasciare che la fiducia aumenti nella gente che lavora con te. Aspettare che siano gli altri ad apprezzare quello che fai tu.''

E ci parla delle difficoltà nell’organizzare IBLA a Ragusa.

''In Sicilia è più difficile che in altri posti. Lì ogni ogni anno ricomincio da capo. Ho un sacco di grattacapi. Per esempio i media sono disponibili negli altri paesi, in Sicilia no. Entri in un dedalo di meccansmi. Pubblicità che deve essere pagata prima, non trovi un giornalista free lance che ti segue, i direttori dei giornali non sono certo liberi, l’inviato deve essere autorizzato a scrivere e prima deve essere pagata la pubblicità. Insomma ci sono degli ingranaggi di cui non sono fiero ma con cui ho dovuto imparare a convivere e, piano piano, la gente che fa parte del sistema si è aperta. Il 29 giugno però parte un concorso e devo andare li molto prima per essere sicuro che succeda''.

IBLA è ormai una fondazione consolidata. Quali sono i prossimi passi da fare?

''Coinvolgere i media da un punto di vista visivo. La musica è un fatto uditivo, complesso da avvicinarsi. È effimera, comincia e finisce nel tempo, non si può rappresentare facilmene in parole. O provoca emozioni e viene presa dalla gente come un fenomeno amatoriale, oppure diventa un fenomeno intellettuale e la gente non ha sempre la tecnica per apprezzarlo ...''

Allora come si fa ad avvicinare alla musica classica?

''È stata ridotta ad un fenomeno di elite. L’energia della musica classica deve uscire fuori. Ho portato i musicisti in piazza, nei rumori della strada, sembrava scandoloso. Una frase di Beethoven ha una sua microstruttura che agisce anche presa singolarmente. Una microstruttura di Bach, anche se non è l’intera architettura, può entrare nella mente.

La gente passa, raccoglie schegge di musica, si ferma ed ascolta''.

E dalla strada ai media....

''Si occorre arrivare ai media visivi. Cosa c’è di visibilmente importante? Abbiamo delle bellezze naturali e artistiche italiane, le possiamo raccontare con la musica. Poi i musicisti sono gente bella, giovane, con capacità di rischiare, pianti e sorrisi. Se si potesse filmare il loro privato! La gente vuole sapere cosa succede: perchè un ragazzo russo è scappato convinto di aver cantato male e invece ha vinto il concorso? Grazie ad IBLA ci sono storie, sono nati amori.

IBLA ha creato delle conseguenze reali che possono portare ad un interesse. Capita con lo sport perché non può accadere con la musica classica? Dal canto nostro, noi musicisti, non dobbiamo rimanere ancorati alla purezza: si rischia l’isolamento''.

Viene da chiedersi come fa Salvatore Moltisanti ad essere prima di tutto un raffinato pianista...

''Dopo lo studio, i concerti, i viaggi non ho una vita privata. Ho però la fortuna di avere i miei amici tra i volontari della fondazione. Ci si diverte con IBLA. La ricreazione è IBLA.''

Il New York Times lo ha definito ''romantic virtuoso''. Noi, che in questo articolo non abbiamo avuto occasione di parlare del suo talento artistico, possiamo definirlo molto più pragmaticamente: ''pianista del nostro tempo''.

Per informazioni su IBLA: www.ibla.org



(1 Maggio 2005)